Ondate di calore e mare sempre più caldo favoriscono l’insorgere dei tornado.
Anche la pianura padana tra le aree affette da tornado a forte intensità. A rivelarlo, uno studio
condotto dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche che
conferma che vi sono specifiche aree in Italia colpite da questi fenomeni. Dove si trovano e quali sono
le condizioni potenzialmente favorevoli all’insorgere dei tornado? Lo abbiamo chiesto a Elenio Avolio,
ricercatore dell’istituto di scienza dell’atmosfera e del clima del Cnr.
I tornado nell’area mediterranea e, in particolare, in Italia non sono eventi rari. Tra il 1990 e il 2021
sono stati 445 gli eventi “tornadici” ad alta intensità su tutto il territorio nazionale. I dati provengono
da uno studio condotto dai ricercatori dell’istituto dell’atmosfera e del clima del Cnr, che hanno
elaborato misure e modelli, su grande scala, per individuare le condizioni atmosferiche “dominanti”
associate a questi eventi.
In Italia c’è dunque chi studia e insegue i tornado, e non con furgoni carichi di antenne lanciati a
velocità verso il grande vortice, come si vede nei film. I cacciatori di tornado del Cnr li rincorrono da
remoto, usando satelliti radar dotati di emettitori radio collegati a dispositivi elettronici e a sensori
che forniscono il segnale alle stazioni di ricezione al suolo. Che risultati hanno dato le misure?
L’area del mediterraneo è un bacino chiuso ed è una zona del pianeta particolarmente sensibile agli
effetti dei cambiamenti climatici. Qui esistono configurazioni atmosferiche che sono potenzialmente
favorevoli allo sviluppo dei tornado. In Tirreno, si verificano quando un’area di bassa pressione
insiste sull’Italia nord-occidentale, sia in quota che in superficie, con venti al suolo in direzione sudoccidentale che riescono a trasportare aria più calda della media verso le regioni colpite.
Nell’immenso catino della Pianura Padana, invece, ristagnano e si accumulano imponenti masse di
aria calda e umida che nel settore nord-est portano all’innesco di forte instabilità, sia per la vicinanza
con il mare Adriatico, sia con la barriera alpina.
In queste condizioni, anche il cambiamento climatico in atto condiziona e favorisce l’insorgere dei
tornado. La temperatura superficiale del mare ha infatti un ruolo importante nello sviluppo di tali
eventi che interessano la pianura padana e in particolare il Veneto. Ricordiamo ancora bene cosa
accadde nel 2015, in un assolato pomeriggio estivo, quando un furioso temporale interruppe
drammaticamente l’ondata di calore che soffocava il Veneto e l’alto Adriatico. Il temporale si era
formato nell’area pedemontana vicentina e da lì, velocissimo, aveva raggiunto il mare, sviluppando a
poche decine di chilometri dal litorale un tornado classificato di intensità F4 che portò devastazione
abbattendo case, negozi, capannoni e alcune note ville antiche della Riviera del Brenta, ferendo un
centinaio di persone e provocando un morto.
Il Veneto non è nuovo a eventi di intensità analoga. Nel 1930, un tornado F5, con venti a 500
chilometri orari, distrusse la Chiesa di Selva del Montello nel Trevigiano, nel 1970 una tromba d’aria
scavalcò i Colli Euganei, raggiunse rapidamente il mare e si scatenò nella città di Venezia dove
risucchiò un vaporetto e annegarono 23 persone. Nei mesi di giugno e luglio del 2008 e 2009, eventi
tornadici di intensità F3 si abbatterono sulle zone di Albignasego, a Padova, e Riese Pio X, a Treviso. Il
fenomeno pare oggi in aumento soprattutto nelle aree vicino alla costa del Lazio, della Puglia e
dell’alto Adriatico, definite aree “hotspot” dagli scienziati.
Quest’anno fa più caldo degli anni scorsi e l’ondata di calore innalza la temperatura al suolo e sulla
superficie del mare. Sempre più spesso sentiamo notizie di tornado che si verificano in terra e in
mare e i video che impazzano sui social ne rivelano tutta la loro forza devastante. Quali sono dunque
le condizioni meteorologiche che portano al loro sviluppo, in particolare nella pianura padana? Lo
abbiamo chiesto a Elenio Avolio, ricercatore dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr.
“Il tornado è un vortice di grande intensità che si genera sia in mare che su terra. È una struttura
molto affascinante, anche se pericolosa per i danni che può provocare nel suo passaggio. È
caratterizzata da un moto vorticoso ascendente, spesso associato a celle temporalesche connesse a
venti di forte intensità”, spiega il ricercatore, “la chiave del suo innesco e della sua intensità sta nelle
temperature elevate della superficie terrestre e marina. Sembra che questi fenomeni accadano più
spesso in estate e in autunno, “perché sono i periodi dell’anno in cui le temperature della superficie
del mare e dei primi strati atmosferici sono più alte, ingredienti fondamentali per lo sviluppo di
instabilità atmosferica”, aggiunge Avolio.
Tornado è sinonimo di tromba d’aria. Questi eventi originano per la maggior parte in mare dove
nascono come trombe marine che in terra diventano trombe d’aria. “Spesso i tornado hanno proprio
questa evoluzione, anche se molti si dissolvono prima di arrivare a terra”, continua Avolio, “e se si è
in barca, meglio dirigere velocemente la prua altrove e attendere il passaggio”.
Comprendere al meglio le caratteristiche dinamiche del fenomeno e prevedere l’insorgenza dei
tornado è importante. “I risultati a cui siamo arrivati”, conclude Avolio, “ci dicono che è possibile
prevedere con successo valori elevati di specifici indicatori d’instabilità atmosferica e di convezione
profonda, tipici dei tornado, nonché di simulare correttamente la struttura delle celle convettive
responsabili della genesi di tali eventi. È importante avere un sistema meteorologico integrato,
dedicato al monitoraggio e alla previsione operativa di tali fenomeni intensi”.
Maria Teresa Orlando