Charlie Manson, condannato all’ergastolo per una lunga serie di crimini e fatti di sangue, tra cui l’uccisione di Sharon Tate, celebre attrice e moglie dell’ancor più noto regista Roman Polanski, terribilmente trucidata insieme ad altre persone in una villa sulle colline di Hollywood, è una di quelle figure sanguinarie entrate a far parte, tristemente, dell’immaginario mondiale. Sulla sua vita e soprattutto sul legame di sangue con Sharon Tate sono state proposte numerose ricostruzioni letterarie, cinematografiche, documentaristiche e televisive. E non sono mancate neppure provocazioni e menzioni, a tal punto da fare della setta un vero e proprio prodotto di marketing: dalla rockstar Brian Warner, in arte Marilyn Manson, a un voluminoso merchandise, il volto di Manson e di quella America violenta rappresentata nel suo più efferato gesto di sangue, è divenuto ricorrente e sempre più transmediale e tendente allo “spettacolare”. Ma se sinora il pubblico è sempre stato abituato a un racconto oggettivo della Family e del suo leader, ecco finalmente un volume, a firma di Daniele Mansuino ed edito da Profondo Rosso, che racconta la storia dal punto di vista del principale responsabile dell’assassinio dell’attrice.
Il libro, dal titolo “Manson – storia di sesso, droga, sangue, controcultura, del male che c’è nel bene e del bene che c’è nel male”, cede la parola proprio a Charlie e non tralascia certamente gli aspetti più cruenti del racconto, con buona pace del politicamente corretto, a partire dagli anni della sua gioventù sbandata per poi giungere all’incontro con la comunità hippie e, in seguito, alla fondazione della Family. Ma il volume di Mansuino non è una mera riepilogazione o narrazione dei fatti. L’autore infatti ambisce, seppur arduo può risultare il compito, a trovare una spiegazione, pur non giustificandoli, a quegli atroci delitti. Una porta aperta sulla mente umana e sulle sue illimitate risorse, quindi. Una riflessione, attraverso una sanguinaria seppur iconica figura, su quanto il confine tra bene e male sia facilmente valicabile e soggettivo.

Alessia Urrata