Assieme a Christopher Lee e Terence Fisher, Peter Cushing è stato uno dei nomi di punta della celebre Hammer Films, nota casa di produzione britannica che ha dato i natali ai più celebri “mostri” del filone gotico e horror mondiale. Cushing, nella fabbrica del terrore ritornata in auge qualche anno fa, ha dato vita e corpo al ciclo più interessante della casa, quello del Barone Frankenstein, senza mancare all’appello nei panni di Van Helsing o di mad doctor vari. In questo interessante volume, Mario Galeotti, critico ed esperto di storia del cinema e dell’audiovisivo, fa rivivere l’iconico attore attraverso un’analisi delle produzioni della media company che, da fine anni Cinquanta, ha infestato il grande schermo con le “sue” creature perfide e terrificanti. Galeotti, in un’analisi dettagliatissima, nonostante il vastissimo materiale passato in rassegna, tratteggia con cura vita e carriera dell’interprete.
Quint’essenza dell’inglese per eccellenza, Cushing, attore raffinato, ironico e sottile, elegante e singolare nello stile e nell’arte performativa, si approccia alla recitazione sin da ragazzo, diventando però famoso in patria intorno ai quarant’anni grazie a due serie per il piccolo schermo di grande successo (Orgoglio e Pregiudizio e 1984).
Ma la vera svolta nel corso della sua carriera arriva nel 1957 con La maschera di Frankenstein, primo film della serie Hammer diretto da Fisher e nel quale Cushing veste i panni del Barone Frankestein, un mad-doctor cinico e creatore di mostri e mostruosità. Da qui, l’incontro e l’innesto professionale con un altro lord del brivido, Christopher Lee, e la fortuna della Hammer che avvia un prolifico filone horror gotico ancora oggi oggetto di studio e culto, come ne è prova il volume in questione edito da Falsopiano. Dagli esordi, con un poco fortunato tentativo a Hollywood, sino all’approdo in Hammer e successo in patria, e il riconoscimento da parte delle major con il coinvolgimento in Star Wars, questo volume scandaglia una delle più interessanti carriere attoriali del cinema del terrore che fu. E al quale ancora oggi il genere molto deve.

Alessia Urrata