Tra le montagne del Comelico si svolge uno dei Carnevali più affascinanti dell’arco alpino. Nella tradizione popolare, il carnevale è stato per molto tempoNella cultura popolare è stato per molto tempo il principale momento festivo profano, retaggio di antichi riti propiziatori.
Dopo la sfilata per la via principale del paese la festa si svolge in piazza fino al calare della sera. Quest’anno l’appuntamento è a Dosoledo, frazione di Comelico Superiore, il 12 febbraio.
Il corteo è suddiviso in due categorie di maschere contrapposte: li 𝗺𝗮𝘀𝗰𝗿𝗶 𝗱𝗮 𝗯𝗲𝗹 che rappresentano la gioventù, la bellezza e l’abbondanza guidate da 𝗟𝗮𝗰𝗵𝗲́ 𝗲 𝗠𝗮𝘁𝗮𝘇𝗶𝗻 e 𝗺𝗮𝘀𝗰𝗿𝗶 𝗱𝗮 𝘃𝗲𝗰𝗶𝘂 che rappresentano la vecchiaia e la povertà guidate dalle 𝙈𝙖𝙩𝙖𝙯𝙚𝙧𝙞. Le maschere da “bella” e da “vecchia” sfilano a coppie, un uomo e una donna. Il corteo è quasi sempre concluso dai carri allegorici ed è sempre presente un gruppo di musicisti che accompagnano la mascherata.
Le maschere multicolori protagoniste della festa, le cui origini si perdono nei secoli, sono il lachè e il matazin: maschere guida fondamentali per la formazione del corteo il cui comportamento è rigidamente fissato dalla tradizione.
Particolarmente curati i costumi. Sia il Matazìn che il Lachè indossano un copricapo a cilindro molto alto (calòta), rivestito di velluto di colore intenso e adorno di perle, spille e altri oggetti preziosi, disposti in modo da formare un armonioso disegno. I fazzoletti legati alle spalle e i nastri di seta che pendono dalla punta del cappello esplodono in una raggiera multicolore quando le maschere ballano e saltano al ritmo della caratteristica polka salterina, suonata dal gruppo di musicanti che li segue. Entrambi i costumi presentano più o meno la stessa figura e la differenza tra le due maschere sta nel colore: il lachè, che apre la sfilata correndo, veste un abito con dei colori chiari (rosa, giallo, azzurro), il matazin invece, che lo segue ballando davanti al gruppo musicale, veste un abito con colori più scuri (rosso, blu e verde).
Al ritmo incalzante delle veci (polke) volteggiano per le vie del paese raccogliendo in corteo le altre maschere, protetti dai Paiazi (i pagliacci hanno il compito di mantenere l’ordine e allontanare la folla impedendo il contatto diretto con le maschere; perciò sono “armati” di bastone), per entrare trionfalmente in piazza e dare l’avvio alla festa. Grande l’entusiasmo suscitato dall’entrata in piazza di danzanti, sfilano poi tutte le maschere e viene dato l’avvio al ballo.
Il momento culminante della festa è il ballo di Laché e Matazin e delle Matazeri secondo un rito tradizionale che vede queste maschere danzare in un turbinio di colori culminante con i salti all’unisono di Laché e Matazin invocazione alle divinità affinché protegga la stagione entrante rendendo feconda la vita agricola silvestre e pastorale. Si tratta di un rito propiziatorio per immettere nel bianco dell’inverno i colori della futura primavera. Benaugurante è anche il dono, che il Matazìn fa alla folla, di piccoli confetti contenuti in un cofanetto d’argento, che la maschera tiene nella mano sinistra. Nella mano destra regge invece uno scettro leggero (bagolìna), segno di autorità e comando. Entrambe le mani sono rivestite con guanti bianchi.
E la festa continua coinvolgendo maschere e pubblico fino a tarda notte in un oblio dei quotidiani affanni.
Foto di “Algudnei – Spazi per la cultura ladina del Comelico”

Pamela D'Incà