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Un Veneto su 10 ha il colesterolo oltre i limiti

Le dislipidemie rappresentano una malattia cronica che in Regione Veneto colpisce l’11,3% della popolazione, circa 554.000 soggetti, di cui il 95% in trattamento farmacologico. Prevenzione, corretta gestione del paziente e corretto utilizzo di tecnologie e dei farmaci più appropriati, costituiscono elementi chiave per raggiungere i target lipidici raccomandati dalla Linee Guida ESC/AES 2019 e quindi migliorare la qualità della vita nei pazienti. Il Veneto può costituire una rete regionale ospedale-territorio per i pazienti dislipidemici con un rischio cardiovascolare molto alto, con un modello che consenta di gestire i pazienti in termini di monitoraggio clinico, miglioramento dell’aderenza terapeutica e collaborazione tra specialisti e medici di medicina generale. Tale modello può inoltre divenire un riferimento per tutte le altre Regioni Italiane, e dunque creare un sistema condiviso di gestione delle dislipidemie in Italia, che consenta di ridurre su scala nazionale gli eventi cardiovascolari come infarto e ictus.

 

“Le dislipidemie rappresentano uno dei principali fattori di rischio modificabili per le malattie cardiovascolari e consistono in un aumento del colesterolo plasmatico, dei trigliceridi, o di entrambi – afferma il dott. Maurizio Anselmi, Direttore U.O.C. Cardiologia Ospedale Fracastoro di San Bonifacio (VR)-. Sono classificate in primarie o secondarie. Le cause primarie sono rappresentate da mutazioni genetiche singole o multiple che determinano un’eccessiva produzione o una difettosa eliminazione di trigliceridi e di colesterolo LDL, oppure una ridotta produzione o un’eccessiva eliminazione di HDL mentre le cause secondarie, responsabili di molti casi di dislipidemia degli adulti, sono causate dallo stile di vita e da altri fattori come uno stile di vita sedentario associato a un eccessivo apporto dietetico di calorie totali, grassi saturi, colesterolo e grassi trans.”

Le evidenze scientifiche mostrano in maniera univoca un rapporto causale tra i livelli di colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (C-LDL) e gli eventi cardiovascolari, quali l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale. “Il C-LDL è diventato l’obiettivo terapeutico cruciale nell’ambito della gestione delle malattie cardiovascolari, per cui – prosegue il dott. Anselmi – maggiore è la riduzione assoluta del C-LDL maggiore è il beneficio in termini di riduzione del rischio cardiovascolare.”

In aggiunta ad uno stile di vita corretto, la terapia farmacologica rappresenta una strategia fondamentale per l’ottenimento dei target terapeutici raccomandati e quindi la riduzione del rischio cardiovascolare. “Nell’ambito dell’armamentario terapeutico attualmente disponibile per la riduzione del rischio cardiovascolare in presenza di ipercolesterolemia – aggiunge  il dott. Claudio Bilato, Direttore Unità Operativa Complessa di Cardiologia Ospedali dell’Ovest Vicentino, –  oltre alle statine che rappresentano l’opzione terapeutica di prima linea, ci sono anche l’ezetimibe, gli inibitori della proproteina della convertasi subtilisina/kexina di tipo 9 (PCSK9-I) e l’acido bempedoico, una nuova molecola che rappresenta un’ulteriore opzione per il raggiungimento degli obiettivi raccomandati nei pazienti a rischio alto e molto alto”.

Dopo la dimissione ospedaliera, il paziente con rischio cardiovascolare molto alto dovrebbe essere seguito a livello territoriale per il controllo dell’aderenza alla terapia. “Tuttavia – spiega il dott. Claudio Picariello, Responsabile dell’Unità di Terapia Intensiva Cardiologica Ospedale Santa Maria della Misericordia di Rovigo, – non esiste un centro coordinatore né una collaborazione strutturata tra specialisti e medici di medicina generale, che avviene su base volontaria ed è limitata ad un numero ristretto di pazienti.  Ciò non ci consente di avere un feedback a lungo termine su aderenza e tipologia della terapia, così come dei controlli in genere previsti ogni 6 mesi. “

Malgrado l’impatto clinico e sociale di questa malattia, ad oggi la gestione dei pazienti con dislipidemia a rischio molto alto di sviluppare un nuovo evento cardiovascolare avviene per lo più a livello ambulatoriale. “Dai risultati di un’indagine qualitativa condotta da ISHEO su 5 Cardiologie di 5 diverse AULSS venete, – aggiunge il dott. Davide Integlia, direttore di ISHEO-, emerge la necessità di costruire percorsi strutturati tra ospedale e territorio per garantire a questi pazienti continuità assistenziale a partire dalla Cardiologia ospedaliera o riabilitativa, dalle Unità Distrettuali e di Cure Primarie. La necessità di utilizzare in maniera massiva  la telemedicina, il fascicolo sanitario elettronico, APP per il monitoraggio, e piattaforme informatiche per la condivisione e la discussione  multidisciplinare di casi clinici, rappresentano – prosegue il dott. Integlia -, temi su cui agire concretamente al fine di poter identificare precocemente i soggetti con dislipidemia, prevenire le complicanze più gravi derivanti dalla comparsa di malattie cardiovascolari e migliorare quindi la qualità della vita dei pazienti, favorendo inoltre una riduzione della spesa sanitaria, previdenziale e dei costi sostenuti dalle famiglie.”

 

 

 

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