Non sono persona che cede agli stereotipi, ma come tutti gli esseri umani anche l’apparire ha per me un peso. Quello che gli antichi (e i moderni) chiamano decoro.
Ma sono sempre pronta a smentirmi.
Viaggio in un treno regionale affollatissimo, tutti in piedi come soldatini.
Gruppetto di maranza chiassosi, dialetto stretto del Sud, abiti improponibili, zaini ingombranti e un tantino di assenza di deodorante.
Uno di loro guadagna, risalendo la carrozza come un salmone, un posto a sedere. Una conquista dato i pesanti zaini che gli vengono posizionati sulle ginocchia dai compagni di viaggio.
Si guarda in giro e mi vede barcollante appesa ad un sedile, si alza:
“Signo’ lo vuole questo posto?” Declino. 20 minuti di viaggio in piedi o seduta poco cambia.
Non demorde.
A ritroso percorre tutta la carrozza finché trova un signore attempato che gradisce e lo accompagna al posto a sedere.
Gli sguardi cambiano e così le parole,  tra un “dove andate ragazzi e un di dove siete”.
L’abbigliamento improbabile, l’olezzo percettibile, la chiassosita’ lasciano il posto ad una amabile conversazione intergenerazionale.
E si scopre che sono partiti di notte dal profondo Sud per vedere Jesolo e ritorno. In giornata (e in nottata), con i panini di mamma perché questo permettono le tasche.
Oltre gli stereotipi che bollano lanzichenecchi chi non ha la polo firmata o non legge Proust.
A volte ascoltiamoli questi giovani e non bolliamoli per la divisa, al di là delle maschere.
Altrimenti i veri lanzichenecchi culturali diventiamo noi.